Associazione Sportiva Dilettantistica

Categoria: Pensieri dei corsisti

Ancora in viaggio…

Rileggo le mie impressioni di undici anni fa, “In viaggio”.  Ero all’inizio del mio incontro con la pratica. Tanti anni sono passati ora. Sono finalmente arrivato alla mia meta e il viaggio si è concluso? Posso togliere la polvere dai miei piedi e finalmente riposare? No. Non sono arrivato. Dopo più di un decennio sono ancora in cammino. Davanti a me vi è ancora un erto sentiero e casa non si vede ancora. Ho capito che dopo ogni svolta ce n’è un’altra, che dopo ogni cima faticosamente raggiunta c’è un’altra valle da esplorare e nuove salite da affrontare. Questo viaggio non finisce. Non finisce mai. Rispetto al principiante di allora ho migliorato tante cose. La memoria del mio corpo è stata plasmata, i sensi si sono acuiti. Ho imparato ad intuire gli accordi e le armonie di movimenti che fanno risuonare il corpo nel suo centro misterioso. Dico “intuire” e non “sentire” perché i momenti di comprensione sono come stelle cadenti in un cielo estivo. All’improvviso e quando non te l’aspetti, squarciano il cielo. E non fai tempo ad afferrarne la visione che già è trascorsa. Una breve impressione nei tuoi occhi. Eppure, l’hai vista e sai che se perseverai ci saranno altre visioni. L’orizzonte si perde lontano e la vera casa di attende oltre. Davanti ancora tanti territori inesplorati da scoprire. In questo viaggio, tanti compagni. Chi incontri lungo la strada e prosegue con te. Chi si ferma e abbandona. Un viaggio diverso lo attende. Chi ti precede, inarrivabile e chi ti segue. Chi ci chiede aiuto, chi ci dà aiuto. Questi compagni rendono la strada meno ardua. Siamo specchi e ognuno vede nell’altro i propri difetti o un risultato da raggiungere. Ci mostrano i nostri errori. Sono lì a ricordarci che dobbiamo restare umili e che la perfezione è solo un ideale. Lo percepiamo. Quando nella pratica siamo fuori fuoco lo sentiamo, nelle ossa e nella mente. La musica è stonata e i suonatori distratti.  Così come quando facciamo bene non ci sono dubbi.  I suonatori suonano come un solo strumento. Il flusso ci attraversa e ci conforta. La stella cadente balena nell’oscurità e ci mostra per un istante come sia bello il paesaggio davanti. E allora ripartiamo, con fiducia.

Mario, Ottobre 2022

Non è un paese per vecchi (…e nemmeno il Tai Chi)

L’insegnante consiglia con la sua voce sussurrata il miglior modo di eseguire l’esercizio. Come scaricare il peso nei piedi, come raddrizzare la colonna, cosa fare e cosa non fare.
Si sta in silenzio, concentrati e assorti. Si ascolta il corpo. Lo si lascia parlare e anche se all’inizio sembra muto, poco a poco si avverte il suo linguaggio silenzioso, appena appena, dietro gli sforzi dei muscoli.
Dopo un po’ mi guardo in giro, con la coda dell’occhio e vedo i miei compagni di pratica. Davanti a me un capello bianco (come il mio), una schiena curva, una pancia prominente… Un piccolo esercito che ha più di qualche anno sulle spalle. Qualche giovane c’è, ma sono pochi quadrifogli in un prato. Ogni tanto i giovani vengono a provare, a informarsi curiosi. Pochi si fermano. Una domanda si formula spontanea nella mente … Ma il Tai Chi è una faccenda da vecchi?

Mi viene in mente un collega, ignaro del fatto che praticassi questa disciplina che una volta, durante una chiacchierata in pausa caffè se ne uscì con un “…come i vecchietti che trovi a praticare Tai Chi nei parchi” … I “vecchietti”? Evitai di dirgli “ehi…sorpresa! Ne hai uno davanti!” Insomma roba da vecchi? La vogliamo mettere nell’immaginario popolare tra le attività dei senior, assieme alle bocce, alle balere e ai discorsi sui nipoti e sui reciproci malanni?  E perché questa idea?

Si pensa al Tai Chi come ad una disciplina a basso impatto fisico. I medici, i fisioterapisti la consigliano quando le membra si bloccano, quando emergono i primi dolori, quando allacciarsi le stringhe diviene una piccola conquista. La si vede come una disciplina potenzialmente benefica ma sostanzialmente innocua. Una camomilla, un brodino tiepido per corpi ormai fiaccati ed incapaci di sfide maggiori. Se sei giovane e “in forma” allora puoi spaccarti la schiena sui pesi, andare a correre, giocare a tennis, fare “body-pumping” e tante altre discipline dai nomi “fighi” e alla moda. Invece, quando il tuo corpo è scoppiato, andato, malandato e non sei più in forma non ti rimane che il Tai Chi. Una stampella, l’ultima spiaggia prima di trasformarsi in soprammobili in cui inciampare, appena un passo prima del ricorso ai terribili ausili alla mobilità che fanno inquietante mostra di sé nelle vetrine delle ortopedie… Ma è davvero così? Un cinquantenne che pratica Tai Chi è da considerarsi una giovane promessa dei team giovanili? Un virgulto tra gli altri vegliardi? Osservo i miei compagni praticare e, diamine, la risposta alla domanda è un deciso “no!”. L’illusoria idea che per far bene al corpo occorra sfiancarne i muscoli, schizzare sudore, tutta occidentale, è davvero fondata? Dei bei pettorali, una tartaruga di muscoli scolpita, dei tricipiti pieni e tonici sono davvero la massima ambizione per un corpo sano? O è solo l’ennesimo stereotipo che ci propinano i media, come la plasticosa e tirata bambolaggine di certe bellezze femminili che spopolano in tv? Non sono un frequentatore di palestre o un esperto di fitness però qualche personale dubbio sui benefici a lungo termine di queste modalità di potenziamento del corpo ce l’ho. Non fosse altro per avere visto alcuni di questi “sportivi” sventolare bandiera bianca quando l’età avanza.

Ben diversa è la via del Tai Chi. Lo scopo non diviene accumulare muscoli e potenza ottusa ma lavorare dentro. Il cultore dei muscoli lavora sull’esterno e confonde salute con apparenza. È come chi acquista un veicolo dalle linee dinamiche e aggressive e ne lucida instancabilmente la carrozzeria fino a farla brillare e risplendere.

Il cultore di Tai Chi invece non ha così tanto a cuore la carrozzeria. Il suo interesse è per quello che c’è dentro, per la sostanza, il motore. Controlla gli ingranaggi, verifica i sottili fili e i collegamenti che rendono le parti un insieme, permette al lubrificante e al combustibile di scorrere liberamente.

La prima macchina, quella lucidata a specchio a un certo punto, dopo un bel po’ di strada, inizierà ad arrancare e il motore a perdere colpi. Si rivelerà per quello che è, un guscio vuoto destinato ad essere presto rottamato. La seconda rimarrà in efficienza. Così il giovane atleta, tutto concentrato sulla potenza del suo corpo ha già scritto il suo declino. In poco tempo raggiungerà l’apice della sua performance e poi il meglio sarà sempre alle spalle. L’attempato cultore di Tai Chi invece migliorerà con il proseguire della sua pratica, assieme alla conoscenza del suo corpo. Il meglio sarà sempre davanti. Ma allora perché i giovani seguono poco questa pratica? Forse perché non è una pratica da vecchi, bensì è una pratica da saggi e la saggezza è da sempre associata ad una età più avanzata. È un lungo cammino che non promette risultati prima di molto, molto tempo. Iniziamo a seguire il sentiero senza sapere quando strada dovremo fare prima di renderci conto di esserci allontanati da casa. Peccato! Chi più dei giovani trarrebbe vantaggio dall’iniziare precocemente? Il Tai Chi non è pertanto una disciplina per vecchi, è una disciplina per chi sa aspettare e coltivare.

Mario, Febbraio 2018

Illuminazione di una sera d’estate

C’è un film recente, “Limitless”, in cui il protagonista assume un nuovo super-farmaco che gli potenzia di colpo le capacità intellettive. Improvvisamente vede tutto più chiaro e i “pezzi” vanno a posto.
Stasera la lezione è stata illuminante allo stesso modo e se sono arrivato stanco ed assonnato, sono uscito elettrizzato ed ispirato. Arrivato a casa ho dovuto fermarmi e dettare alcuni pensieri nel mio registratore per paura di perderli.
Mi perdonerete pertanto se dirò qualche eresia però in questo momento la mia mente è un cavallo che corre in una steppa…è un veliero in una tempesta….
Giorgio spiegava i calci ed io mi sforzavo. Mi sono visto allo specchio e.… illuminazione. Ma chi era quella figura scomposta nello specchio?  Come potevo pensare di fare nel modo giusto quel passaggio se avevo le gambe così fuori posto? E quella schiena, tutt’altro che dritta?
Insomma, non poteva funzionare! Non era la forma che non andava…. era la mia postura errata…. Non aveva senso sforzarmi sul movimento, dovevo dedicarmi al resto. Più pensavo di imparare, più andavo fuori strada.

Bang! Flash! Brivido nella schiena…

Improvvisamente mi sono iniziate a scorrere immagini nella mente, come se si fosse acceso un proiettore…Sinergie, idee… eresie, senz’altro.

Perché due atomi, due molecole reagiscono? Perché in determinate situazioni è l’unica cosa che possono fare. I loro stati energetici li portano lungo un percorso obbligato, quello termodinamicamente più favorevole, quello di minore energia…di minore sforzo se vogliamo. Si aprono davanti a loro infinite strade ma solo una diminuirà la loro energia e quella viene “naturalmente” presa. È la termodinamica, la verità dell’energia….

Perché’ una pallina, posta su un piano inclinato non sale? Perché segue la via di minore energia.

Perché una catena di amminoacidi si avvolge a formare la proteina dell’insulina? Perché tra tutti i sentieri che può percorrere, tra tutte le configurazioni possibili, quella è quella di minore energia…di minore sforzo…
Bang!

Collegamento…

Più ci si sforza di “costruire” il Tai Chi… più si va fuori strada. Non va costruita la forma, va …scoperta. Se il “contesto” è apposto, il corpo non può che scivolare su quel sentiero, perché è l’unica via giusta.
Se voglio fare bene la forma, devo fare bene tutto il resto.
Se la pallina deve scendere sul piano, non mi devo concentrare sulla pallina! È il piano a dovere essere inclinato!
Se il corpo sarà giusto, la forma sarà l’unica cosa giusta che il corpo farà naturalmente.

Allora non bisogna imparare, bensì disimparare, togliere gli ostacoli al naturale movimento.
Il Tai Chi non è allora una costruzione ma l’opposto, una elisione fino ad arrivare all’essenza…

Come Michelangelo che affermava che la statua era già nel marmo e andava solo tirata fuori togliendo ciò che era di troppo…allora non è un apprendimento…è qualcosa di più’…è una scoperta…è togliere i veli. Tornare all’essenza.

Sinergie, sinapsi impazzite…sintesi….

Nausicaa ora tiro in ballo proprio te perché le immagini appaiono nella mia mente e i collegamenti volano… e mi è venuta in mente la musica. Perché’ se mi metto io al pianoforte tiro fuori un’accozzaglia di brutture cacofoniche e se ci mette Nausicaa esce un’emozione, un fiume impetuoso di sensazioni?

Dimmi se dico follie…forse anche la musica non è apprendimento e costruzione….la musica di ogni musicista è già tutta dentro di lui e studiando impara solo a tirarla fuori…non è invenzione, è scoperta…di se stessi….un musicista è un esploratore che trova i sentieri che sono “giusti”, gli unici che può percorrere e la sua tecnica è solo entrare sempre più in profondità dentro se stesso fino a trovare quanto già c’era prima.

La musica precede il musicista, nasce prima di lui…Follia?

Allo stesso modo il Tai Chi non è un traguardo ma un ritorno…il Tai Chi è già dentro il praticante che fa solo un ritorno sui giusti sentieri che sono dentro di lui… scopre ma non crea, trova il tesoro che lui stesso ha seppellito…e, come la musica, una volta scoperta si sente “giusta” e da piacere così il Tai Chi riempie dentro e soddisfa anche un bisogno estetico… così come le molecole reagiscono, si combinano e liberano energia, cosi il Tai Chi libera qualcosa dentro noi….sinergie, eresie…altre luci che si accendono…come un palcoscenico su cui gli attore vengano presentati ad uno ad uno … Tai Chi…. molecole… termodinamica… musica ed arte che roteano e diventano uno…

Sintesi…

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Mario, Giugno 2016

Testimonianza di Vittoria

fight-151796_640 Vi siete mai trovati ad osservare i vostri cambiamenti?
Ad osservare, come se non foste voi a vivere l’accaduto ma foste spettatori di voi stessi?
E’ quello che mi è capitato oggi e che voglio condividere.
Mi sono trovata in una situazione non piacevole. Un omone grande e grosso, ma più che altro grasso (e questo è buona cosa perché i suoi movimenti erano goffi e impacciati), mi aggredisce con calci e pugni ed ecco cosa accade… probabilmente il buon Dio ha pensato di tirarmi il filo celeste e mi ritrovo  con ‘Le mani nelle nuvole’ a portare a passeggio il mio aggressore, trasformando l’azione brutale in una giocosa danza, leggera e aggraziata. Forse questa bellezza ha dissuaso il maleintenzionato o forse la stanchezza e i chili di troppo. Fatto sta che l’omone rinuncia a perseguire nel suo intento.
Ed è così che ho potuto osservarmi nel far qualcosa che mai avrei fatto prima.
Reagire al bruto con la bellezza e l’armonia.
Morale: non v’incazzate con i vostri maestri perché gli esercizi non riescono a lezione….
il corpo e lo spirito sanno quando è il momento giusto!

Vittoria, Novembre 2015

Testimonianza di Marilena

imagesUltimamente mi sono iscritta ad un corso di yoga. Durante una lezione l’insegnante ha notato che, nonostante la scoliosi, la mia schiena risultava diritta.
– E’ strano – ha commentato.
– Sì è strano – ho risposto e ho pensato che potesse essere un risultato del “filo celeste” del tai-chi.

Marilena, Gennaio 2015

Il bagnante sull’Everest

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Piaceri diluiti…
Energia che scorre…
Spirali e luci calde…
Catene nei movimenti…

Signori miei, complimenti!!!

Le uniche catene che sento… sono quelle che trascino…del mio fisico contratto e abusato, nel lavoro e nello sport, spinto da una mente senza parsimonia senza armonia ma con tanta, tanta energia…usata male!
Nella pratica, guidato dai nostri sherpa comprendo solo un gesto che cerco di compiere: …relax.

L’inizio diviene il mio divario, il mio compito, il mio dovere, il mio limite attuale. Percepisco i micro movimenti che posso compiere con l’unica vera amica, la gravità. Solo allora comprendo la mia situazione:

– un bagnante, con salviettone e ghiacciolini stile Loano e di fronte… l’Everest!

Ma poi grazie a Dio ci sono Giorgio e Franca che mi guidano sempre, con un bel sorriso e tanta pazienza…
E nel cuore,
una grande fede nel potenziale che ricordo,
che sento scorrere nel DNA umano.

Stefano, Dicembre 2014

Testimonianza di Lorenza

Da sempre affascinata dalla filosofia orientale, mi sono avvicinata al
tai chi con molte aspettative.
Sono anni che seguo questa disciplina e ho capito quanto fossi lontana
dal farmi pervadere da questo meraviglioso “sentire” che, dopo molto
tempo, riesco solo a percepire.
Ho scoperto, e si può dire toccato con mano. la grande corazza che
nella vita mi sono costruita con l’idea di proteggermi ma con il solo
risultato di esserne rimasta imprigionata.

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Continuare a frequentare mi permette di credere di poter aprire uno
spiraglio e far circolare quell’energia che fornisce forza, calore
e… leggerezza!
Quanto lungo sarà il cammino non lo so: per ora cammino……
Nel tragitto comunque non mi sento sola. Ci sono dei compagni che
stanno facendo lo stesso cammino. Sicuramente i sentieri sono diversi
per ognuno di noi, ma la meta è la stessa.
Quando mi vedo un po’ persa si accendono due fari che mi mostrano
nuovamente la strada. Loro non smettono mai di farmi riprovare. Non so
dove trovino la forza ma forse è contenuta nel meraviglioso mondo del
tai chi.

Lorenza, Dicembre 2014

Testimonianza di Alessandra

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Si scivola da un’articolazione all’altra
ascoltando i limiti della conformazione
si lasciano scorrere i movimenti a spirale
di una catena chiusa;
si innesca un’azione e tutto il resto la segue.
Si osserva senza ricercare e forse qualche cosa accade.

Alessandra, Dicembre 2014

Tai Chi

Leggero come un respiro,
Forte come un desiderio,
Il corpo sconosciuto scivola
Lungo spirali sensibili ed invisibili,
Tracciate dalla luce morbida e calda,
Dei misteriosi sentieri interni,
Scolpiti nelle ossa e nel sangue
Da energie silenziose e verità antiche
Che la mente cieca non vede
Che la mente sorda non ode

Mario, Novembre 2014

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In Viaggio

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Appena ti concentri su di una cosa, sembra che tutte le altre vengano dimenticate. Soprattutto la visione (e il movimento) di insieme sembrano sfuggire.
– Ora sei mano e i piedi, le gambe decidono di fare di testa loro.
– Ora sei piede e le mani…cosa stanno facendo?
– Ora sei gambe e non esiste altro …

Poi, quando cominci a pensare a quello che stai facendo (aaah…la mente),  il resto del tuo corpo diviene come un nuotatore distratto che accortosi  improvvisamente di essersi allontanato troppo dalla riva, viene preso da panico e rischia di affogare. Ogni briciolo di coordinazione va a farsi friggere…le mani come dovevano essere? Ma il piede deve essere girato così? Ti ritrovi come un maestro che cerca di tenere seduti nei banchi un insieme di alunni indisciplinati ognuno dei quali corre dove vuole appena non osservato.
Riuscire davvero a non pensare e ad essere foglie mosse dal vento! Che fatica imparare a disimparare…
Del resto non ho mai pensato al mio corpo, se non come il supporto della mia mente. E ora, dopo anni di totale abbandono a se’ stesso ora giustamente pretende di decidere per conto suo, di mantenere le proprie abitudini, di preservare il proprio silenzio. Tiene il broncio…

– “non mi hai degnato di attenzione in tutto questo tempo e ora pretendi che io ti ascolti o ti parli? Hai una lunga strada davanti prima che io mi degni di concederti qualcosa…”

Talvolta, di fronte alle  incitazioni degli Insegnanti a sentire qualcosa, a percepire “qualcosa” di non meglio precisato, ho lo stesso senso di impossibilità e incredulità che se mi dicessero che sbattendo le braccia inizierei a volare. Posso anche crederci, ma ho comunque la percezione che debba cambiare qualcosa nel piano quasi fisico della mia realtà prima che possa verificarsi o che forse debba scoprire di avere un senso in più oltre ai cinque canonici. Un senso di cui ignoravo l’esistenza. E’ come un sordo che cerca di sentire un suono.

Eppure, per quanto sia, appunto sordo, l’intuizione che ci sia musica dove ora non si sente niente, c’è.  Come quando prendi un aereo e a terra piove e tu sai che sopra le nuvole c’è il sole. Lo sai, eppure fino a quando l’aereo non buca la coltre di nubi e ti trovi immerso nel sole in qualche modo non ci credi veramente.
Per questo, anche se non si vedono sempre in modo percettibile miglioramenti, non vi è demotivazione. In questo hanno un ruolo decisivo gli Insegnanti con la loro infinita pazienza. Vedere ognuno di noi arrancare, chi piu’ chi meno, e riprendere uno ad uno senza un apparente attimo di spazientimento non è da poco. Senza di loro forse il viaggio sarebbe gia’ finito.

Mario, Gennaio 2011

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